Il Sole 24 Ore: Maria Lai con un filo supera l’oceano
November 25, 2024
Di Stefano Salis
Al «Magazzino» di Cold Spring un riepilogo della storia dell’artista dei telai, dei libri cuciti, dell’arte relazionale. Un’emozione, sulla scorta di un viaggio compiuto nel 1968.
Tutta la vita a dipanare matasse, a svolgere e creare nodi, intrecci, garbugli, labirinti e ghirigori di fili sparsi, orditi e trame, a “tessere” e ad “essere” e poi, eccola qui, Maria Lai, vecchia e (umilmente) consapevole della sua grandezza artistica – della quale non dubita oggi più nessuno e che, anzi, d’ora in poi è destinata solo ad accrescersi –: la fotografa Daniela Zedda le mette in mano i fili del gioco del “ripiglino”, che i bambini fanno e sanno da sempre: e lei, invece, che traffica con i fili da decenni, non solo non lo ha mai fatto, ma adesso non può fare a meno di guardare, per l’ennesima volta, meravigliata e scrupolosa, l’effetto che (le) fanno, quei fili che si attorcigliano nelle mani rugose eppure lisce, dita come spolette, intrichi che delineano destini geometrici, metafore della nostra condizione. Maria Lai (1919-2013) ci accoglie con questa straordinaria, intensissima, presenza in una iconica fotografia collocata appena prima di metter piede nella mostra: un monito sapienziale che sa di arcaico, e, al tempo stesso, di futuro. Sono, i suoi sguardi, le sue opere, meditazioni profonde intorno a un filo ininterrotto che, non a caso, già dal mito greco – le Moire e Aracne e Penelope – era simbolo della vita, della storie, dei legami, delle trame che si fanno fato, connessione, continuità. Unione e comunione.